Bastano due piccoli buchi sulla tomaia di una scarpa per farci tornare bambini e bambine? A quanto pare sì, se siamo tutti così sensibili al turbine di ricordi che una scarpa riesce a scatenare in noi.
Si tratta di un modello semplice, essenziale, che mi ha dato la possibilità di parlare di fare due cose che sognavo da tempo: la prima, utilizzare una scarpa come pretesto per parlare di un tema a me caro, come la maternità; la seconda, collaborare con una realtà marchigiana che conosco da anni e che con me condivide la filosofia artigianale: Eureka The Originals.
Ho scritto questo articolo per parlarti del nostro ultimo progetto in edizione limitata: Soffio di Madre.
Come nasce il progetto Soffio di Madre
Il progetto nasce per “mettere i piedi a terra”, per parlare di un tema delicato quanto affascinante: la maternità. Ci ho pensato e ripensato per mesi, cercavo di capire in che modo parlarne, anche se avevo le idee abbastanza chiare. Volevo raccontare la maternità lontana da qualsiasi stereotipo, dal concetto di madre vista solo come una questione naturale, meravigliosa, impossibile da mettere in discussione a priori.
Ho scelto di raccontarmi, di mettermi in discussione, io che ho sempre preferito tenere la mia vita per me, specie nei suoi aspetti più intimi. Poi, invece, ho capito che ha senso parlare proprio di quei momenti più delicati , perché condividere storie, esperienze, conoscenze permette di superare ogni dolore.
Così ho ripercorso le mie esperienze di madre, utilizzando le scarpe come pretesto.
Ho raccontato di quanto è stato difficile diventare mamma per la prima volta, di quanto poco sia scontato rimanere incinta quando lo vuoi tu.
Si parla pochissimo del dolore connesso a queste esperienze, sembra ancora che tutto sia avvolto da una nebbia impercettibile, quella che caratterizza ogni tabù. Impossibile parlare dei bambini che perdiamo prima che possano nascere, sconveniente parlare della difficoltà nel rimanere incinta. Questo, forse, perché la maternità è ancora vissuta come un fatto sociale e non strettamente personale. Un problema di qualsiasi tipo legato alla maternità è sempre stato nascosto, per paura, forse, di doverlo giustificare.
Per mesi ho provato a diventare mamma, ma non ci riuscivo. Emma è arrivata dopo un intenso cammino alla riscoperta di me stessa, mettendomi in ascolto di tutto quello che il mio corpo cercava di dirmi. Un viaggio che ho dovuto fare da sola, dimenticando tutto quello che sapevo riguardo l’essere madre.
Nonostante questo, posso dir di aver vissuto due gravidanze splendide e perfino il parto non è stato problematico. Sono riuscita a mettermi in ascolto del mio corpo e di chi stavo crescendo. Diventare mamma ha cambiato il mio modo di pensare: man mano che la pancia cresceva mi sentivo responsabile di un’altra vita.
Subito dopo la nascita di Emma, però, è arrivato il momento difficile. Quell’esserino ancora così piccolo era già così “ingombrante”. Mi sentivo incatenata, bloccata, qualcosa mi stava scoppiando dentro, e nonostante l’amore che provavo per mia figlia, avrei voluto solo scappare.
Dopo qualche mese, ho scoperto di aver avuto l’herpes zoster, la causa di tanti dolori fisici e mentali. Il mio corpo mi ha sempre dato segnali chiari, molto prima della mente.
Oggi, quando ripenso al dolore e a quella sensazione di venire risucchiata da un vortice, mi commuovo. Sento di aver fatto tanti passi avanti nel mio essere donna e mamma, ma penso anche che inciampare e ritrovarsi di nuovo dentro il vortice sia molto più facile di quanto non pensi.
Soffio di Madre nasce proprio per parlarne, per condividere storie, per raccontarsi senza paura.
Perché Soffio di Madre
Perché questo nome così particolare? Ho sempre associato alla mia idea di genitorialità il soffione, uno dei miei fiori preferiti.
Da bambina, quando passeggiavo con i miei in campagna, mi divertivo a cercarli, per poi soffiarci sopra esprimendo un desiderio. Da adulta, ho acquisito una nuova visione, sia del fiore che del soffio. I semi sembrano rappresentare perfettamente la fase di distacco dei bambini dalla propria madre. Inizialmente sono legati al pappo, la loro appendice soffice, e sembra non vogliano staccarsene. Pian piano si lasciano poi trasportare dal vento, dapprima timorosi, man mano sempre più impavidi, pronti a intraprendere un nuovo viaggio, a sperimentare nuove avventure. Superata la paura, si lasciano andare al flusso della vita, pronti a generarne di nuova.
È proprio così che immaginavo il mio essere mamma. Una forza in grado di abbracciare e sorreggere, ma mai di schiacciare.
Inevitabile quindi ripensare a quel fiore leggero quando mi è venuta in mente l’idea di realizzare la mia personale versione di una scarpetta tanto amata dai bambini quanto dagli adulti: il modello con gli occhietti.
Le scarpe con gli occhietti: storia di un modello iconico
Come nasce il sandalo con gli occhietti?
Nel 1878 nasce a Milano l’Antica Calzoleria Eureka, grazie a Mario Forzinetti e alla sua famiglia. L’artigiano aveva commissionato a un illustre pediatra dell’epoca la creazione di una forma di legno che avesse tutti i requisiti e le caratteristiche adatti al piede di un bambino. Iniziò così la produzione di un sandaletto con due piccoli fori sul davanti.
Quei sandalini ebbero un successo così grande che da quel momento vennero chiamati da tutti il “sandalo due occhi”. L’idea era così nuova da sembrare quasi un’invenzione, così le persone cominciarono a chiamarli Eureka!
Negli anni ’70 quell’azienda produceva ormai solo scarpe da uomo. Venne acquistato dalla famiglia Medori di Montegranaro, che tutt’oggi è alla guida di questa azienda.
La cucitura ideal, utilizzata per queste scarpe, è una delle lavorazioni più complesse nel nostro mondo. È una costruzione manuale, ma certamente la più “ideale” e funzionale per le scarpe dedicate ai più piccoli.
La collaborazione con Eureka The Original
Soffio di Madre mi ha permesso di collaborare con una realtà storica del mio territorio: Eureka The Original. L’azienda ha sede a Montegranaro e produce scarpe da bambino e bambina personalizzabili, tutte con lavorazione ideal.
Sul loro sito web è possibile configurare in maniera autonoma la scarpetta dei desideri, personalizzandola a seconda di gusti ed esigenze.
Abbiamo scelto di progettare insieme una collezione parallela: per ogni “scarpetta con gli occhi” da donna ne esiste una uguale, da bambino o bambina.
Le scarpette con gli occhi
Il modello è unico. Ho realizzato il sandalo Occhietti in diversi colori tutti in pelle, in più nello stesso modello ho creato una scarpetta nuova: la versione vegan, realizzata con materiali privi di origine animale.
È una scarpa che fa parte della mia lunga ricerca di alternative alle materie di origine animale. Niente pelle e cuoio: la tomaia della Occhietti vegan è in fibra di cactus, all’interno ha una fodera in fibra di bamboo e il fondo è in para naturale.
Proporre queste scarpette per me significa mettermi in gioco, trovare nuovi concetti di produzione. Non è semplice, è un percorso che richiede studio e tanta pazienza, specie per un artigiano che viene da tutt’altra tradizione.
Ma un’altra caratteristica dell’artigiano è non fermarsi mai e sperimentare sempre nuove soluzioni!
In queste meravigliose foto di Francesca Bianchelli puoi vedere anche dei cappellini unici, realizzati da un’altra artigiana di cui adoro le creazioni: Popihat. Lara realizza accessori per bambini a mano, secondo l’arte antica del ricamo e del cucito. Durante lo shooting tutti i bimbi hanno indossato le sue creazioni, che perfettamente si sposavano con il concetto di Soffio di Madre.
Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensi: del progetto, delle scarpette, delle storie che ti ho raccontato fin qui. Scrivi una mail a alice@scarpettadivenere.it , non vedo l’ora di leggerti!